E l’Europarlamento dice: donne incinte e bambini ad alto rischio i pesticidi

L’effetto dei pesticidi sulla salute umana è ancora troppo poco conosciuto. Lo dice uno studio adottato dal Parlamento Europeo, per cui le attuali valutazioni non sono “adeguate a misurare gli effetti di esposizioni miste”, cioè a più tipi di pesticidi contemporaneamente.

Il rischio maggiore lo corrono le donne incinte e i bambini, ma almeno 100 dei pesticidi più utilizzati hanno effetti dannosi sul sistema neurologico degli adulti, denuncia lo studio. E – se non bastassero i rischi di cancro, di danni al sistema endocrino,  la maggiore probabilità per gli agricoltori di contrarre il Parkinson e il diabete – il Parlamento UE avverte: l’attuale esposizione ai pesticidi ci costa 125 miliardi l’anno, in termini di vite umane perdute e malattie. Ma – dicono, e ci crediamo – la cifra è sottovalutata.

di Simonetta Lombardo


È passato più di mezzo secolo dalla pubblicazione di Primavera silenziosa, la celebre denuncia di Rachel Carson sulle conseguenze dell’uso sistematico e massiccio di prodotti di sintesi nei campi. Si potrebbe pensare che un lasso di tempo così lungo sia stato sufficiente per mettere a fuoco in modo esaustivo i rischi causati dai pesticidi. Purtroppo non è così. Il continuo emergere di evidenze scientifiche dimostra che il quadro dei danni non è ancora completo: nuovi studi portano nuove prove a carico di un’ampia gamma di sostanze chimiche introdotte nel ciclo naturale.

Per misurare la portata del rischio conviene prendere uno studio commissionato dal Parlamento europeo: “Human health implications of organic food and organic agricolture”. L’analisi parte da una valutazione dei pericoli legati all’uso dei pesticidi e le valutazioni che contiene dovrebbero spingere i legislatori ad adottare politiche più rigorose di quelle attuali.

Se è vero infatti che oggi in Europa il sistema di valutazione del rischio include un ampio numero di effetti tossicologi – fa notare il rapporto – è anche vero che suscita preoccupazione il fatto che la procedura attuale “non sia adeguata a misurare gli effetti di esposizioni miste, soprattutto sotto il profilo del rischio di cancro, degli effetti distruttivi del sistema endocrino, della neurotossicità. Inoltre ci sono lacune dei dati accettate troppo facilmente, in particolare per gli effetti dell’esposizione cronica che in genere sono più difficili da individuare di quelli acuti”.

L’allarme riguarda due diverse categorie di persone: i coltivatori e i consumatori. L’esposizione ai pesticidi degli agricoltori è collegata a un aumento di rischio di malattie come il morbo di Parkinson, il diabete di secondo tipo, alcuni tipi di cancro, la leucemia infantile. Il rapporto europeo sottolinea che la minaccia è particolarmente alta nel caso di donne incinte e bambini: “Anche una breve esposizione durante le prime settimane di gravidanza, prima che le donne si siano accorte di essere incinte, è stata collegata a effetti negativi sulla crescita, sul funzionamento cerebrale e sullo sviluppo sessuale dei figli”.

Su questo punto la documentazione scientifica è ampia. Tra gli altri, vengono citati due studi. Uno su un gruppo di agricoltori californiani (la Chamacos cohort) e l’altro effettuato a New York. In entrambi un’alta concentrazione di organofosfati nelle urine delle madri è risultata associata con riflessi anomali nei neonati e con uno sviluppo mentale rallentato nell’infanzia.

“La popolazione ad alto rischio come le donne incinte e i bambini”, suggerisce il rapporto “possono minimizzare l’esposizione al pericolo evitando i tipi di frutta e di verdura coltivati in modo convenzionale che mostrano i più alti livelli di residui di sostanze pericolose: quali siano questi tipi dipende dalle norme sui pesticidi adottate da ogni Paese”. Almeno 100 differenti pesticidi sono però noti non solo per i rischi causati alle categorie più a rischio, ma anche i danni neurologici negli adulti: “Molti insetticidi sono stati ideati per produrre un effetto tossico sul sistema nervoso degli insetti, ma le creature viventi dipendono da processi neurochimici simili e possono dunque risultare vulnerabili a quelle sostanze”.

Questa situazione suscita prima di tutto un allarme umano e sanitario, ma ha anche un importante riflesso economico negativo. L’attuale esposizione a pesticidi, valuta lo studio, costa all’Unione europea almeno 125 miliardi di euro l’anno valutando la perdita di vite umane e i danni cerebrali in base a un calcolo “quasi certamente sottostimato”.

I numeri sono alti perché anche l’altra categoria di persone esposte, i consumatori, si trova in una situazione di potenziale pericolo, come evidenziano alcuni degli studi citati: le correnti valutazioni di rischio utilizzate per autorizzare l’uso di pesticidi “sottovalutano le evidenze che vengono da studi epidemiologici che mostrano l’effetto negativo di bassi livelli di esposizione a insetticidi organofosfati sulla capacità di apprendimento dei bambini”.

Ci sono infine le minacce collegate ad altri due tipi di sostanze: il cadmio e gli antibiotici. Per il cadmio – che secondo vari studi nei raccolti derivanti da coltivazioni biologiche ha concentrazioni più basse– l’allarme è alto perché per i non fumatori il cibo rappresenta la principale fonte di esposizione e questa esposizione è, in molti casi, al di sopra dei limiti di tollerabilità.

Per gli antibiotici c’è da notare che se ne usano di più per allevare il bestiame che per curare le persone. E l’Organizzazione mondiale di sanità ha identificato proprio in questo fattore uno degli elementi chiave per spiegare l’aumento della resistenza dei batteri agli antibiotici.

Come ridurre la minaccia? “Il ristretto uso di antibiotici nei sistemi organici può minimizzare il rischio”, osserva il rapporto. Aggiungendo che “il consumo di cibo biologico è associato a un minor rischio di allergie e di danni allo sviluppo cognitivo per i bambini e a un minor rischio di diventare obesi per gli adulti”. Sono conclusioni che vanno rafforzate proseguendo le ricerche in questo campo, ma si può affermare che “i consumatori che regolarmente acquistano alimenti biologici hanno modelli dietetici più salutari, come un consumo più elevato di frutta, verdura e prodotti integrali e un consumo più basso di carne rispetto ad altri consumatori. Questi modelli dietetici sono associati a vari benefici per la salute, che includono un rischio ridotto di malattie croniche come il diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari. E producono effetti positivi anche sotto il profilo della sostenibilità ambientale: dalle emissioni di gas a effetto serra all’uso del suolo”.

Di qui i cinque punti in cui vengono sintetizzate le proposte del rapporto.

Primo: l’esposizione ai pesticidi e al cadmio e la resistenza agli antibiotici sono importanti problemi di salute pubblica. Riduciamo questo fattore di rischio.

Secondo: creiamo un link tra il sostegno politico all’agricoltura biologica e il sostegno politico alle scelte in materia di sicurezza alimentare.

Terzo: facciamo crescere l’agricoltura biologica investendo nella ricerca, nello sviluppo, nell’innovazione, nello sviluppo delle filiere.

Quarto: sosteniamo l’agricoltura biologica attraverso strumenti fiscali. Si tratta di far emergere le cosiddette esternalità: oggi i costi sanitari legati all’esposizione da pesticidi sono a carico della collettività. C’è una tassa occulta da eliminare per liberare risorse utili alla difesa della nostra salute.

Quinto: promuoviamo un consumo alimentare sostenibile incoraggiando i modelli dietetici dei consumatori di alimenti biologici che tendono ad essere più sani rispetto a quelli medi.

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